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Francamente c'è da perderci la testa

di Patrizia Adami Rook, pubblicato il 16/12/2003, fonte Simposio n° 09, Primavera 1998

tag: codice deontologico, art. 21

Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche. E’ fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche.

Provare a capire aequo pacatoque animo il criterio o, come si suol dire quando si tratta di questioni di legge, la ratio dell’art. 21 del codice deontolo-gico degli psicologi italiani, non è facile, anzi, francamente c’è da perderci la testa.

Al punto che qualcuno ha sospettato che si sia voluto con quell’articolo colpire le scuole non riconosciute, ovvero quelle scuole che a suo tempo non ottennero il riconoscimento dalla commissione Ruberti-Bertini che poi (lo vogliamo ricordare?) non ottenne a sua volta il riconoscimento dal Consiglio di Stato, che non ottenne a sua volta alcun riconoscimento dal MURST (che pure a quello stesso Consiglio di Stato aveva espressamente chiesto il parere) cosicché le scuole riconosciute di quel parere poterono infischiarsene, consi-derarsi riconosciute a tutti gli effetti e a scapito di tutte le altre….. e fermia-moci qui, se non altro per riprendere fiato.

Chi ha sospettato che si sia voluto con quell’articolo colpire le scuole non riconosciute perché si levassero di torno una buona volta, forse è solo un pa-ranoico o forse non lo è. Già, perché l’articolo 21 di fatto, dicendo che gli psicologi sono tenuti a non insegnare…. vieta alle scuole di formazione svantaggiate in quanto a formare in psicoterapia psicologi, perché non ancora riconosciute (e bloccate da anni nell’attesa che si riaprano i riconoscimenti), di mantenersi in vita su tutti i piani in cui in genere ci si mantiene in vita (e-conomico, politico, culturale) formando non psicologi, ovvero altre figure professionali quali insegnanti, educatori, mediatori familiari, assistenti sociali e chiunque altro professionista lo desiderasse alla cultura psicologica e psico-terapeutica. Il che non significherebbe che quei professionisti, una volta for-mati in quel senso, potrebbero andare a fare gli psicologi e gli psicoterapeuti, se è questa la paura di chi ha concepito l’articolo 21. Significherebbe soltanto che quei professionisti, potrebbero, nell’esercizio della loro professione, av-valersi anche di conoscenze e tecniche mutuate dalla psicologia e dalla psico-terapia. E’ Male?

E’ male che un insegnante sappia distinguere, di un messaggio, il piano logico da quello analogico e nel comunicare con i suoi allievi riesca ad evita-re doppi messaggi? E’ male che un educatore sappia cos’è un rinforzo e lo sappia applicare? E’ male che un assistente sociale sappia qualcosa dei mec-canismi di difesa di freudiana memoria e sappia destreggiarcisi quanto basta per rendere i suoi interventi più efficaci? Per non parlare dei mediatori fami-liari. Rabbrividisco al pensiero di mediatori che vadano a mediare i conflitti dei loro clienti beatamente ignorando ogni cultura psicologica e psicoterapeu-tica.

Chi dovrà dunque trasmettere loro qualcosa di quella cultura? Stando all’articolo 21 tutti. Idraulici, ingegneri, direttori di banca…. tutti purché non siano psicologi né ovviamente psicoterapeuti.

Allora che decidere? Essere o non essere sospettosi? Credere o no che so-lo le scuole non riconosciute verrebbero di fatto colpite a morte da un articolo altrimenti insensato? E che fare per sopravvivere? Insegnare a chi ci pare in barba al codice deontologico e rischiare di incorrere in qualche provvedimen-to disciplinare (per fortuna c’è quell’altro articolo della Costituzione italiana sulla libertà di insegnamento) oppure fedeli al codice provvedere alla salva-guardia dell’utenza e della professione difendendo la psicologia e la psicote-rapia da ogni rischio di espandersi nella società oltre i limiti fissati dal codice stesso? E poi? Poi potremmo aspettare che, per sopravvivere, qualcuno (l’Ordine?) ci dia un premio di consolazione?

Francamente c’è da perderci la testa.

A meno che non si cambi lavoro. Così da insegnare finalmente quello che ci pare (anche la psicologia) a chi ci pare (anche ai non psicologi).



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