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Convenzioni
Le fatiche di Sisifo di chi vuole le riforme
Giuseppe Lupoi, Corriere della Sera, 27/05/2010
Leggere sul Corriere del 25 maggio l’articolo di Isidoro Trovato dal titolo “Professionisti, la riforma torna al via” mi ha strappato un sorriso un po’ amaro e mi ha riportato alla mente vecchie storie. Sono venticinque anni che porto avanti battaglie finalizzate a rendere il mondo delle professioni ordinistiche più libero e dotato di strumenti per competere sul mercato internazionale.
Penso di aver svolto un servizio utile al Paese quando sono riuscito, contro tutti gli ordini tecnici, a render possibile (legge Merloni - 1994) lo svolgimento della professione di ingegnere in forma societaria (sia di capitali che tra professionisti) e, guarda caso, questo è l’unico settore professionale per il quale la bilancia dei pagamenti con l’estero ci è favorevole.
Sono dieci anni che sono in prima linea a battermi per dare dignità e status alle professioni associative: milioni di lavoratori che in un mercato libero si muovono secondo logiche di competitività, flessibilità, innovazione, ed ora, dopo il recepimento della direttiva qualifiche, impediti di esportare le loro competenze all’estero perché non regolamentati in Italia.
Questo per farle capire che quella che oggi per lei è una notizia da pubblicare per noi è cosa già vista. Su due cose soltanto gli Ordini sono d’accordo:
1. Aumentare i loro poteri corporativi.
2. Dare contro alle nostre associazioni professionali.
Non appena si parla d’altro, si azzannano tra loro.
Ora pensano di aver trovato il bandolo della matassa per farci fuori. Siciliotti è stato chiarissimo. Per lui l’interesse sulla riforma è quello di definire il professionista intellettuale come colui che ha superato un esame di Stato e si è iscritto all’ordine, non che l’attività che eserciti sia frutto della conoscenza (quindi dell’intelletto). La ragione di questa richiesta è evidente: è l’unico modo per mantenere gli spazi acquisiti sul mercato (anche quando la riserva di legge non esiste e l’esercizio della professione è libero come il caso dei commercialisti) e garantirsi la conservazione dei privilegi acquisiti.
Con questa astuzia degna di Ulisse pensa di aver trovato il cavallo di Troia e di riuscire a dimostrare che, ad esempio, le professioni di archeologo, di biotecnologo, di bibliotecario non siano professioni intellettuali! Io penso che ne usciranno delusi. Ma tornando al punto: la Siliquini offre loro il più bel regalo, quello di separare il destino degli ordini da quello delle associazioni e cosa succede? La riforma torna al via. E’ un film già visto: ogni qualvolta si arriva ad un punto decisivo del processo riformatore ecco che all’improvviso scoppiano le liti “interne”.
Succede oggi, è successo nel passato e succederà nel futuro.
E allora se davvero la riforma delle professioni ricorda il mito di Sisifo, mi auguro che la scelta di separare il destino degli ordini da quello delle associazioni sia la modalità migliore per consentire a chi desidera operare con dignità ed in piena concorrenza (le libere associazioni professionali) di poterlo fare e di portare una volta per tutte il masso in cima al monte senza più tornare indietro a riprenderlo dopo che qualche “nemico della concorrenza” ce lo ha fatto rotolare giù.