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Il CNOP continua ad impugnare le abilitazioni CE

a cura di Anna Barracco, pubblicata il 12/07/2016

tag: CNOP, CE, abilitazioni, ordine degli psicologi, decreto legislativo 115/92

Ora che il CNOP ha avviato la "consensus conference" sul counseling, personalmente mi sarei aspettata che certi comportamenti nei confronti delle abilitazioni prese in altri Paesi della CE, cessassero. Invece sembra che, per l'ennesima volta, il CNOP abbia deciso di impugnare davanti al TAR l'abilitazione CE alla psicoterapia ottenuta da una psicologa triennalista (italiana) , rilasciata dall'apposita commissione del MIUR. La Collega ha frequentato e concluso un corso in psicoterapia in Austria, dove ha poi ottenuto il relativo diploma.

In Austria, ma anche in Inghilterra, in Germania e in Francia, il percorso di studi in psicoterapia è un percorso diverso, disgiunto da quello in psicologia, e può essere intrapreso e poi concluso anche subito dopo la laurea triennale. Contemporaneamente, chi vuole, può anche prendere (frequentando parallelamente) il master universitario, e comunque i due percorsi sono diversi.

La normativa CE (Direttiva CE 89/48 e relativa norma attuativa interna, decreto legislativo 115/92 e successivo decreto legislativo 206/07) prevede che i cittadini europei possano girare per l'Europa, studiare dove vogliono ed esercitare dove vogliono, e che questo diritto alla libera circolazione, venga concretamente garantito e facilitato.

Come fare per garantire però che le formazioni ottenute, ancorché diverse in ogni Paese (dato che dipendono dalle tradizioni, dalle culture professionali e universitarie, ecc.) possano garantire l'utenza e contenere quindi quelle nozioni, quelle abilità, quegli standard minimi, tali da rendere ogni percorso equiparabile a quello che viene impartito nello stato in cui si approda?

La sentenza del Consiglio di Stato 1279 del 2005, qui allegata, spiega bene come si è cercato di risolvere questo problema.

Vengono analizzati i percorsi svolti nel Paese di provenienza (es. Austria) , poi quelli che si dovrebbero sostenere nel Paese in cui si vuole andare (es. Italia), e si comparano questi due percorsi. Se sono sufficientemente omogenei, si da' l'abilitazione CE, e la persona si può iscrivere, con questa abilitazione, all'Albo o all'associazione del Paese di arrivo.

Se i percorsi sembrano diversi, e più difficili da confrontare , il sistema prevede dei sistemi di integrazione, dei percorsi accessori, che possono essere dei tirocini, (della durata di minimo 6 mesi a massimo 3 anni), ovvero possono prevedere degli esami teorici. Dunque un sistema che, da una parte cerca di preservare i percorsi, le culture, le tradizioni universitarie e professionali dei singoli Stati Membri, dall'altra, prevede un sistema rigoroso di armonizzazione.

In questo caso, i percorsi sono in effetti diversi, dato che la persona, in Austria, con una laurea triennale (presa in Italia) e un percorso quadriennale in psicoterapia poteva iscriversi alle associazioni di psicoterapia in Austria, mentre in Italia avrebbe dovuto frequentare l'università per un quinquennio, fare un tirocinio annuale e un esame di Stato, prima di iscriversi ad un corso quadriennale in psicoterapia.

Ebbene, la Commissione Miur ha concesso, in questo caso, alla Collega, un'abilitazione CE, chiedendole però di frequentare un percorso aggiuntivo di 18 mesi. La Collega, al termine di questo tirocinio, sarà iscritta come psicoterapeuta (non come psicologa). Dunque avrà fatto in Italia 3 anni di laurea e 18 mesi di tirocinio integrativo, più 4 anni in Austria, e sarà una psicoterapeuta, non psicologa. Sarà un tecnico di psicologia e psicoterapeuta.

Esistono già diversi casi di abilitazioni CE alla sola psicoterapia (vedi sentenza allegata), e certo è comprensibile che, nella logica italiana, questo proprio non vada giù!

Questi colleghi per la legge Italiana (direttiva CE, recepita dal decreto legislativo 115/92, e successivo decreto legislativo 206/2007) sono psicoterapeuti ma non psicologi, .

Si tratta di casi particolari, che la legge 56/89 non prevede di per sé, ma che il CNOP, a seguito dell'emanazione della Direttiva, a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 115/92, avrebbe forse dovuto ben approfondire e discutere ... Cosa che il CNOP invece non ha fatto, nonostante le prime sentenze del Consiglio di Stato a favore di questi Colleghi, risalgano a ben 12 anni fa (2004).

Il Consiglio di Stato e la giurisprudenza in generale, hanno sempre sottolineato la necessità che l'Ordine accogliesse queste modifiche, e riconoscesse che la normativa CE impone una riflessione sulla questione della formazione in psicoterapia.

Il CNOP, invece, da una parte promuove la consensus Conference, e dall'altra continua ad impugnare le abilitazioni CE, con i soldi degli iscritti, sapendo che va a perdere la causa, e soprattutto ostinandosi a tenere una posizione di totale chiusura rispetto ad una questione di cui "a parole" dice di volersi occupare.

La questione riguarda l'eccessiva lunghezza e anche la rigidità del percorso accademico e specialistico dello psicologo italiano. Il counseling è in parte un "sintomo", un effetto di questa eccessiva lunghezza e rigidità, e questa cosa "nei corridoi", la si dice ormai da anni: si dice che i tirocini vanno riassorbiti nei corsi di studio, e che l'esame di Stato va sfoltito e semplificato...

Ancora non si parla di un riassorbimento del percorso in psicoterapia all'interno del quinquennio, cosa che con il sistema dei crediti e la modularizzazione dei percorsi si potrebbe benissimo realizzare (e l'approccio illustrato dal sistema Europeo di riconoscimento dei percorsi, offrirebbe un ottimo esempio cui provare ad ispirarsi) ma il discorso sulla "consensus" certamente avrà come effetto un pensiero sui percorsi formativi.

Perché il CNOP continua ad impugnare le abilitazioni CE, cercando di negare un diritto a dei cittadini europei che le ottengono in ossequio alle leggi e ai regolamenti, cui anche il CNOP dovrebbe sottomettersi?

Perché spende dei soldi solo per procrastinare delle iscrizioni che comunque sono inevitabili, costringendo i cittadini a delle cause ingiuste e inutili, invece di trarre dalla normativa CE le giuste conseguenze, e anche un minimo di idee-guida per andare verso un ripensamento dei percorsi di studio in psicologia e psicoterapia?

Ci piacerebbe, almeno, sapere quali sono state le argomentazioni a favore e quelle contrarie (se ve ne sono state) a questa ennesima impugnazione, che farà spendere soldi inutilmente e andrà a vessare inutilmente dei cittadini.

C'è da dire che Altra Psicologia, almeno su questo, in Lombardia, con il caso di cui alla sentenza qui visionabile, si fermò al primo grado: quando in Consiglio si prese visione della sentenza stessa, l'allora Presidente Grimoldi decise di accettare la decisione del Giudice, e di non ricorrere in appello. Decisione ragionevole, direi : c'erano già due sentenze precedenti del Consiglio di Stato !

Invece il CNOP insiste, si continua sulla stessa strada... ma com'è possibile? Arriverà il momento in cui il Consiglio di Stato comincerà a far pagare le spese di lite al CNOP? Ovvero si potrà valutare se mettere insieme tutte queste cause del CNOP (pretestuose, cause perse in partenza!) e mandare il fascicolo alla Corte dei Conti?

Qual è la "ratio" di queste impugnazioni? Perché il CNOP ignora i pronunciamenti reiterati del Consiglio di Stato? La legge, non vale anche per loro?



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