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ENPAP: sia pure tardive alcune riflessioni di politica professionale

a cura di Rolando Ciofi, pubblicata il 10/03/2013

tag: enpap, elezioni 2013

ENPAP: sia pure tardive alcune riflessioni di politica professionaleQualche iscritto al Mo.P.I. si è lamentato, con ragione, del fatto che a seguito delle elezioni ENPAP non ci sia stato, da parte mia, alcun commento ufficiale. Eccomi dunque, sia pure con fatica e con qualche ritardo, ad ammettere una sconfitta importante. Potete trovare i risultati elettorali a questo indirizzo.

Potrei sostenere, come è vero, che il Mo.P.I. non si è presentato alle elezioni ma ha dato vita ad un progetto del tutto diverso, potrei sostenere, come è vero, che i risultati ufficiali sono stati resi noti dall'ENPAP solo un paio di giorni fa. Potrei sostenerlo a buon diritto, ma queste non sarebbero altro che razionalizzazioni se non ammettessi, come invece ammetto, che, quantomeno sul piano personale, ho completamente sbagliato le mie valutazioni. Se, come a scuola, mi si dovesse dare un voto meriterei, come del resto ironicamente mi è stato attribuito con motivazioni che in gran parte condivido, un bel 3. E sui brutti voti credo che occorra riflettere.

Avevo intuito da tempo che Altrapsicologia rappresentava il nuovo nella nostra comunità professionale e ne avevo intuito la serietà e l'impegno. Meno avevo invece capito di quanto già fosse forte sul piano elettorale. Le elezioni ENPAP hanno mostrato con chiarezza tale forza e ci dicono che la nostra comunità è definitivamente entrata nella sua fase post-fondativa. Per la prima volta dal 1989, da quando cioè è stata varata la nostra legge di ordinamento, una associazione che allora non esisteva, guidata da dirigenti che allora erano poco più che ragazzi, assume a pieno titolo un ruolo istituzionale. Credo che sia scontato il fatto che, qualora il sistema politico italiano confermi la sopravvivenza degli Ordini Professionali, entro fine anno Altrapsicologia divenga il principale punto di riferimento associativo per l'intera comunità professionale.

Ma la nostra comunità condivide con l'intera società momenti fortemente critici e tanti sono i temi aperti che non mancheranno di interrogare la nuova classe dirigente. Non mi riferisco all'ENPAP rispetto al quale sono fiducioso che i colleghi eletti sapranno fare molto meglio dei loro predecessori che certo non hanno brillato. Penso invece a temi più generali che giovani e meno giovani colleghi si trovano a vivere sulla loro pelle e che attendono di essere affrontati cercando di approfondire e rinunciando a facili demagogie, da ogni parte esse provengano.

Ecco allora che mentre mi rendo pienamente disponibile ad atteggiamenti collaborativi nei confronti del "nuovo che avanza" voglio anche sottolineare le due principali questioni che a mio avviso la comunità nel suo complesso dovrà rapidamente affrontare e le posizioni che il Mo.P.I., in linea con la sua storia e con il suo pensiero, continuerà comunque a sostenere.

1. La questione identità

Convivono almeno quattro tipi di identità all'interno del mondo della psicologia professionale.

Vi sono gli psicologi psicoterapeuti che lavorano nei pubblici servizi che concepiscono la loro professione come molto simile a quella medica. Simile negli obiettivi perseguiti (economici, organizzativi, di carriera) e simile nei presupposti epistemologici (idea della scientificità, protocolli, linearità del percorso anamnesi-diagnosi-prognosi-trattamento etc...) Tali colleghi, di norma sindacalizzati, chiedono principalmente tutele di tipo normativo contrattuale (trattamento salariale, bandi di concorso, organizzazione dei servizi, scatti di carriera etc.).

Molto diversi in termini di identità professionale gli psicologi psicoterapeuti che nulla hanno a che fare con il pubblico impiego e che si sono costruiti una carriera di tipo libero professionale. Più dei primi inclini a pensare la professione come un'arte non standardizzabile, spesso collegati all'attività clinica ma anche a quella formativa, più che tutele contrattuali chiedono sviluppo, che la comunità si attivi per creare opportunità in un mercato sempre più rarefatto.

Vi sono poi gli psicologi, coloro che potremmo definire "consulenti", in ambito giuridico, del lavoro, sportivo, scolastico etc. Colleghi che spesso preferiscono (è il caso di molti psicologi del lavoro) addirittura evitare di definirsi psicologi, che non si occupano di clinica se non marginalmente ed operano in settori specifici. Sono di norma i più disinteressati alla vita della comunità ed i più aperti verso l'esterno... e si attendono poco... basterebbero servizi efficienti (assistenza, previdenza, formazione, informazione...).

Ed infine è presente una grande massa di colleghi precari, disoccupati o sottooccupati, spesso operanti nel privato sociale con qualifiche diverse da quella di psicologo, che portano l'unica richiesta di entrare, in un modo o nell'altro, nel mondo della professione.

Identità diverse, problemi diversi, tutti meritevoli di risposte precise. Sino ad oggi si è tentato di forzare tali identità all'interno di un unico modello, quello di una professione similmedica, ma ciò ha creato grandi tensioni ed insoddisfazioni. Ora che il "nuovo avanza" saremo in grado di dare risposte maggiormente differenziate, maggiormente adatte?. Il Mo.P.I. notoriamente pensa che la psicologia professionale non possa essere costretta all'interno di un unico angusto contenitore, quello ordinistico, e che più corretto sarebbe costruire una "famiglia delle professioni di ambito psicologico" dando ad ogni identità, storicamente e culturalmente determinatasi, la possibilità di organizzarsi autonomamente ed esprimere al meglio le proprie istanze. Dalle risposte articolate, flessibili, differenziate, che la nuova classe dirigente saprà dare a temi così fondamentali saremo in grado di valutare se essa è realmente all'altezza del compito. Notoriamente governare è impresa assai più ardua di quella pur necessaria del criticare.

2. La questione sviluppo

Gli psicologi, microscopico segmento di una società complessa, vivono, al pari della società tutta, un periodo di grave difficoltà. Il lavoro scarseggia, le tasse aumentano, il sistema ordinamentale scricchiola, le incombenze burocratiche ed amministrative si moltiplicano, la concorrenza, vedi la recentissima legge 4/2013, si fa serrata.

Da oltre un ventennio il Mo.P.I. sostiene che, a fronte di tale complessità, il delicato equilibrio tutela-sviluppo vada radicalmente ripensato. I gruppi dirigenti della comunità professionale hanno sino ad oggi insistito molto sulla tutela ed investito poco sullo sviluppo. Con ciò dando vita ad un corporativismo che, visto il quadro sociopolitico generale, è rimasto pensiero vuoto, privo di qualunque ritorno pratico per i colleghi. Non è stato ottenuta una legge per lo psicologo di base, né sulla psicologia scolastica, né sul convenzionamento pubblico della psicoterapia né si è riusciti ad impedire l'approvazione di una legge che legittima la professionalità dei counselor.

Di tale corporativismo Altrapsicologia è l'erede consapevole poiché su tale impostazione si è fino ad oggi basata la sua azione di governo regionale. Ma ora che diventa gruppo dirigente nazionale saprà dare un senso ad un pensiero vuoto di risultati e che ha il solo pregio di pagare elettoralmente?

Non ho molti dubbi sul fatto che l'ENPAP verrà ben governato, certamente meglio che nel recente passato, mi interrogo invece con preoccupazione circa la capacità che le nuove leve avranno di aprire la psicologia alla società, di abbandonare la posizione focalizzata sulla clinica, sulle riserve professionali, sull'accaparramento o mantenimento di presunti privilegi e di cercare interlocutori sociali nella direzione dello sviluppo.

La società ha grande necessità di competenze psicologiche ma il pensiero corporativo ha sino ad oggi impedito di intercettare la maggior parte di tale domanda.

Il Mo.P.I., con la politica delle reti, con il rapporto con il mondo delle assicurazioni, con l'interlocuzione costante con le professioni di confine rispetto alla psicologia, si è mosso, con le sue modeste forze, da sempre in controtendenza rispetto al pensiero corporativo dominante. Ben volentieri mettiamo a disposizione il patrimonio di esperienza maturato ma francamente temiamo che ancora una volta la facile via della promessa di tutela abbia la meglio rispetto alla più faticosa strada della ricerca di sviluppo.



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