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ENPAP: una linea di mobilitazione responsabile

di Rolando Ciofi, pubblicato il 01/07/2004, fonte Babele, Luglio 2004

tag: enpap, cassa previdenza

La pensione. Il problema è drammatico: un solo dato per fare capire a tutti con chiarezza quale sia. Studi commissionati dall'ENPAP a illustri professionisti (attuari, economisti, giuristi) concludono che con l'attuale sistema pensionistico il tasso di sostituzione (la percentuale rispetto all'ultimo reddito percepito prima del pensionamento) sarà del 17%. Ognuno può fare i suoi conti. Dopo trentacinque anni di versamenti chi prima della pensione guadagnava 2000 euro al mese può aspettarsi 340 euro mensili, chi ne guadagnava 3000 arriverà a 510, la pensione sociale. Stando così le cose oltre l'80% della categoria si attesterà al di sotto della pensione sociale. Per non parlare dei colleghi che hanno meno anni di contribuzione (i colleghi che vanno oggi in pensione hanno tra i cinque e gli otto anni di contributi versati e l'ENPAP corrisponde loro in media 50 euro mensili).

Ma in cosa consiste il problema?
Il fatto è che le nostre pensioni, per legge, si costruiscono mediante un meccanismo elementare: durante l'arco della vita lavorativa mettiamo da parte (obbligatoriamente, dandoli all'ENPAP) una parte dei nostri soldi e, arrivati ad una certa età ce li riprendiamo a rate mensili con gli interessi. Ora chiunque capisce che in un siffatto meccanismo diventa di grande rilievo:

  1. Quale è la procedura corretta attraverso la quale torniamo in possesso dei nostri soldi. Determinare tale procedura è competenza della legge e del Governo che devono tenere conto di molte variabili (coefficiente di invecchiamento della popolazione, questioni demografiche, necessità di garantire nel tempo la solidità degli Enti, etc.).
  2. Quanti soldi versiamo. Questo fatto dipende da noi. Attualmente i liberi professionisti versano il 10% del loro reddito (i lavoratori dipendenti che hanno tassi di sostituzione molto elevati, ma una organizzazione delle retribuzioni assai diversa, versano il 33%).
  3. Quanto rendono nel tempo i soldi versati. Questo fatto dipende da chi amministra (l'ENPAP nel nostro caso) e, naturalmente, dall'andamento dei mercati.
Il rapporto con il Governo e con le Leggi
L'ENPAP si muove in questo senso di concerto con altre Casse previdenziali di liberi professionisti, l'ADEPP e, attraverso tale Associazione è assai presente nel dibattito con Parlamento e Governo. Sono molte le questioni sul tappeto (di grande rilievo per esempio il fatto che gli utili ricavati dagli investimenti vengono penalizzati da una doppia tassazione, una volta quando si realizzano ed una seconda volta quando si trasformano in erogazioni pensionistiche) ma la più rilevante è quella relativa al sistema nel suo complesso. Un sistema che alla fine crea Enti di previdenza molto ricchi e stabili (tali cioè da garantire la sicurezza delle prestazioni nel tempo) e pensionati che pagano tale stabilità con il vedersi corrisposti importi esigui.

Occorre dunque lavorare attraverso previsioni che sappiano mettere insieme la necessità di tenuta finanziaria nel tempo con quella di dare prestazioni dignitose, attraverso le leve della politica fiscale, nella direzione di un innalzamento del tasso di sostituzione. Il Governo, almeno in questa fase non pare particolarmente sensibile al problema, se è vero come è vero, che le più rilevanti questioni poste dal sistema previdenziale privato (totalizzazione, regime fiscale etc..) non sono state accolte nel 'collegato previdenziale alla finanziaria'.

I soldi che versiamo
Si potrebbe dire che i soldi che accantoniamo per le nostre pensioni sono pochi. E dunque che occorra riflettere sulla opportunità di aumentare, per i colleghi che lo vogliano, la contribuzione soggettiva. In questo senso avremo presto lo strumento adeguato che ci consentirà di organizzare e gestire forme di previdenza complementare. Ma il problema è quello della fiducia e della cultura previdenziale. I colleghi cioè possono essere anche convinti a investire di più nelle loro pensioni se si diffonde un clima di fiducia, se noi amministratori con le nostre politiche (di investimento, di rapporti con il potere politico, di oculata gestione) sapremo loro dimostrare che investire nella pensione è un 'affare' e non una tassa iniqua. E per fare questo il nostro ruolo è oggi quello di governare lo sconcerto e la delusione, rendendo consapevoli i colleghi delle problematiche che li riguardano, rendendoli partecipi di un confronto serrato, facendoli riflettere sulle responsabilità del sistema ed anche sulle loro. Occorre a mio avviso parlare di più con i colleghi, organizzare incontri, sensibilizzare, far conoscere le difficoltà, raccogliere spunti di riflessione, creare insomma 'movimento'. I colleghi che come amministratori rappresentiamo sono la nostra forza e noi dobbiamo poter contare su tale forza nel momento in cui ci rapportiamo, con serietà ma senza subordinazione, a chi ha il potere di porre le basi per migliorare la situazione.

Gli investimenti
Sono stato a lungo contrario alla politica degli investimenti attuata dall'Ente e non avevo infatti approvato né il bilancio 2001 né quello del 2002. Nel corso del 2003 qualcosa è però cambiato. La questione azionario sì, azionario no è stata sostituita, attraverso la collaborazione con la società di consulenza Prometeia, da una nuova filosofia degli investimenti che superava la vecchia diatriba. E' stata abbracciata la logica del 'total return' che ha sostituito quella del rendimento relativo rispetto ai mercati presi a riferimento. L'obiettivo sarebbe quello di ottenere, al minimo, ma con la massima certezza possibile, un rendimento pari al tasso di rivalutazione dei montanti degli iscritti e ciò attraverso vari strumenti finanziari. E' una logica che ho condiviso sin da quando il consulente la ha proposta, una logica che prevede l'utilizzazione dello strumento azionario, di fondi hedge, di obbligazioni etc... insomma che differenzia molto tenendo fermo l'obiettivo. Semplificando si tratta, all'interno di una politica 'Core - Satellite' di individuare anno per anno le necessità di rivalutazione dell'ente e di porre tale obiettivo quale parametro per la valutazione dei prodotti e in parte anche dei gestori. All'interno di questa logica una parte degli investimenti (Core) sono effettuati con strumenti finanziari di nuova generazione misti con obiettivo e rischio prefissato.

Un'altra parte di investimenti (satellite) sono invece in settori e mercati non correlati e con orizzonti temporali diversi. La politica core-satellite apre notevoli opportunità, infatti tra gli investimenti satellite ben potrebbero trovare collocazione molte iniziative capaci di coniugare una attività finanziaria corretta con una funzione di stimolo e di crescita nei confronti della nostra comunità professionale. Tale politica maturata nel 2003 è stata applicata, già con qualche incoraggiante risultato, a partire da inizio 2004. Ma questa riflessione non può esimermi dal fare rilevare ai colleghi che non è un buon bilancio quello che si è chiuso nel 2003, esso è ancora assai 'faticoso' e risente di tutte le scelte, a mio avviso sbagliate, effettuate nel 2002. Lo stesso risultato di esercizio ed il conseguente patrimonio netto non devono indurre a facili ottimismi. A leggere bene i dati chiunque può verificare che l'ENPAP al 31/12/2003 è ancora in robusta perdita poiché a fronte del patrimonio esistono in bilancio azioni, cosiddette “strategiche”, valutate molto al di sopra del loro reale valore di mercato rilevabile al 31/12/2003. Tale dato ben può far dire che il patrimonio netto dell’Ente, alla data del 31/12/2003, al di là delle tecniche di bilancio è, nel concreto, negativo. Ancora una lunga strada dunque per risalire la china.

In conclusione
Ciò che ancora l'Ente sembra non riuscire a fare è a comunicare adeguatamente con i propri iscritti, a lavorare per l'affermazione nella comunità professionale di una cultura previdenziale, a rapportarsi adeguatamente agli Ordini (Nazionale e Regionale) per impostare significative azioni comuni. Insomma si ha spesso la sensazione che l'ENPAP sia 'altro' rispetto alla categoria. E' un peccato ed è uno spreco di energie e potenzialità in quanto, a mio modo di vedere, non solo l'Ente dovrebbe essere in grado di illustrare con chiarezza ai colleghi i problemi di non poco conto che il sistema di previdenza per i professionisti si trova ad affrontare, ma dovrebbe anche essere capace di raccogliere dai colleghi sollecitazioni e suggerimenti, di pensare ad una sua presenza attiva, in funzione di sviluppo, all'interno della comunità.



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